giovedì 20 novembre 2014

L'insondabile destino di una formica sulla scacchiera


Questo è il mio primo, e fino ad ora unico, racconto. Vincitore  della I° Edizione del Contest Sci-Fi di Link2Universe “Spazio all'Immaginazione”, dedicata ai racconti di lunghezza massima 18.000 battute. Lo scrissi per gioco, quando con alcuni amici di un forum (La Vita è Altrove) decidemmo di scrivere un raccontino ciascuno e raccoglierli tutti insieme in un ebook autopubblicato. Purtroppo il progetto finì nel nulla e il racconto mi rimase in un cassetto. In estate però il bellissimo blog Link2Universe ha deciso di bandire un contest per racconti di fantascienza e così ho deciso di buttarmi. Il mio racconto si è ben difeso, arrivando addirittura a vincere il contest. Spero vi piaccia, buona lettura.



L'insondabile destino di una formica sulla scacchiera
Vincenzo Cammalleri
spazio_70
Il Signore Dio disse allora: «Ecco l'uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell'albero della vita, ne mangi e viva sempre!». Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto. Scacciò l'uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all'albero della vita. (Genesi 3, 22-24)
Sono il Comandante Giuseppe Aretino, in missione sulla navetta Explorer, per conto dell'Esa. Mi trovo nello spazio fra la Terra e Marte, molto più vicino a quest'ultimo. Per quanto è a mia conoscenza potrei essere l'ultimo rappresentante della razza umana ancora in vita, forse ancora per poco.

Trasmetto questo messaggio nella speranza che vi siano altri sopravvissuti, e che possano mettersi in contatto con me per alleviare quel mostruoso senso di oppressione che sento al petto.
Non oso pensare al suicidio, non posso permettermelo. Se davvero sono l'ultimo essere umano ancora cosciente, sento il dovere di prolungare il più possibile la mia vita, dovrei forse chiamarla agonia, nella seppur remota speranza che vi sia ancora una possibilità.
Se qualcuno riceve questo messaggio, ed è in grado di rispondere, vi prego di farlo immediatamente.
Riporto la situazione così come ho potuto ricostruire dai messaggi ricevuti e dal silenzio di ogni strumento che ormai prosegue ininterrotto da 64 ore:
Circa 65 ore fa, alle 15.27 del 17 Agosto 2197 ora di Greenwich, ha avuto luogo un massiccio attacco contro il pianeta Terra e la razza umana. Dai messaggi captati nei momenti iniziali dell'attacco non è stato possibile identificare la natura del mezzo usato. Non sono quindi a conoscenza dell'arma che ha messo in ginocchio l'umanità. L'ultimo rapporto da me ricevuto riferisce enormi esplosioni sparse sul globo, senza un disegno logico apparente.
Base Luna affermava di vedere sulla superficie dell'Oceano Pacifico un notevole numero di sfere di luce grandi come la Francia. Ma il rapporto successivo, esteso a tutto il sistema riferiva l'impossibilità di visualizzare altro, a causa della massa di vapore che ha avvolto il pianeta, dovuta presumibilmente al vapore acqueo sviluppatosi da quelle che possiamo ragionevolmente dedurre essere state delle esplosioni devastanti di origine sconosciuta. Dopo circa un'ora dall'inizio dell'attacco Base Luna ha smesso di inviare rapporti, da quel momento, sono isolato da qualunque contatto con altri esseri umani.
Mi sento di escludere si sia trattato di un attacco nucleare sferrato da una delle potenze terrestri. Tale velocità e coordinazione, tale devastazione, sono evidentemente il frutto di una programmazione precisa e di una volontà atroce: la completa sterilizzazione del pianeta Terra. I miei strumenti non mi consentono di avere immagini della Terra o della Luna, per cui non posso verificare, ma il silenzio angosciante nel quale sono prigioniero da più di due giorni rafforza l'orribile immagine di un pianeta distrutto e trasformato in poche ore nel vero gemello di Venere.
Nel vuoto delle oceaniche distanze che separano i pianeti del sistema solare, il piccolo veicolo dai riflessi argentei prosegue la sua rotta da due mesi. Nessun contatto, nessuna risposta.
L'astronauta, che dopo l'attacco aveva tentato di comunicare con quanto restava della sua specie, è solo il pallido ricordo di ciò che un tempo era l'orgoglio dell'umanità. La ormai sporca cabina in cui è confinato accoglie quanto resta dell'orgoglio di una razza che, fin da quando esiste una traccia scritta, riporta memoria di gloriose ascese seguite da devastanti cadute.
L'uomo, solo fra le pareti di un guscio che lo isola dall'immensità del nulla, alterna brevi attimi di lucidità ad ore, giorni, in cui il sonno si sussegue alla veglia, senza che apparentemente la sua coscienza possa rilevare la differenza.
Nelle sterminate ore di solitudine in cui si trova costretto nel suo viaggio, nell'oblio e nella sofferenza del ricordo degli affetti spezzati, la domanda che tormenta l'ultimo uomo è travolgente nella sua banalità e sconfortante per l'impossibilità di trovare una risposta: Chi? Quale essere, quale Entità, o quale specie aliena, può aver cancellato in un'ora, una breve, insignificante ora, milioni di anni di evoluzione e di vita sul pianeta terra. Quale dio può essere l'artefice della completa cancellazione di una razza giovane e piena di speranza, proprio nel momento in cui sembravano finalmente superati i problemi che da decenni pesavano come una spada di Damocle sull'esistenza dell'umanità? Era solo un caso se, proprio all'alba di una nuova era di esplorazione spaziale, di progresso scientifico, di rinascita morale, la specie umana veniva cancellata dalla corsa alle stelle?
Il residuo di coscienza che ancora accende le sue sinapsi non riesce a convincersene. No, la sterilizzazione è stata voluta! Nel momento in cui l'umanità si accingeva ad alzare lo sguardo oltre i limiti della propria orbita planetaria, coscienze più vecchie, più antiche, più potenti, devono essersi arrogate il diritto di spezzare l'umanità e radere al suolo ogni speranza.
Come si fa con una colonia di formiche, che dal giardino cominciano ad esplorare i bordi della casa e tentano di entrare dove non è loro consentito. La disinfestazione è avvenuta senza nessun avvertimento, non si comunica con chi non è in grado di riconoscere come cosciente, l'agricoltore non avvisa i parassiti che li ucciderà se si poseranno sulle sue piante, lo fa e basta. Terrificante, orribile, allucinante, delirante... Eppure la razza umana è stata sterminata come un semplice parassita. La mente non può reggere il tentativo di immaginare una potenza tale da poter bruciare un pianeta intero come fosse un cumulo di sterpaglie, vacilla nel tentativo, e infine si arrende sola e sperduta, come una piccola e sola navetta che viaggia da mesi verso una destinazione ormai priva di significato.
Qui il Comandante Aretino, riprendo le comunicazioni. Cinque minuti fa gli strumenti hanno captato un oggetto in avvicinamento. Non so cosa sia, ma sembra diretto in collisione con l'Explorer. Temo si tratti di una massa vagante destinata ad investire in pieno il mio veicolo.
Dagli schermi posso vedere che l'oggetto non è naturale. Ripeto: l'oggetto non è naturale, è di evidente natura artificiale. Se mi ricevete, identificatevi. Sono il Comandante Giuseppe Aretino, sulla navetta Explorer dell'Esa...
La mostruosa verità si fa strada nella mente dell'uomo. Per un attimo la speranza di poter essere salvato, di aver trovato altri uomini con cui essere a casa, al sicuro, aveva risvegliato in lui la speranza di un futuro. Ma il silenzio, l'assenza di ogni messaggio, e le forme aliene del veicolo in avvicinamento si portano alla sua coscienza travolgendo i suoi istinti e bruciando ogni traccia di autocontrollo.
AIUTATEMI! VI PREGO, CHIUNQUE SIA IN ASCOLTO, SONO QUI. SONO LORO, LO SENTO, LO VEDO, SONO LORO! MI VENGONO A PRENDERE, VI PREGO, VI SUPPLICO, SALVATEMI. NON POSSO, NON VOGLIO CHE MI PRENDANO! VI PREGO!
Le grida attraversano gli spazi enormi caricando l'etere della tragica tensione, del terrore dell'ignoto.
Ai confini del sistema, una nave di dimensioni enormi, se paragonata all'Explorer, ma insignificante per le distanze interstellari, riceve il terrificante messaggio. Nessuna risposta.
SONO QUI! SONO ARRIVATI! LI SENTO! MI HANNO AGGANCIATO, LI SENTO! STANNO ENTRANDO! VI PREGO! AIUTATEMI! SONO SOLO! AIUTATEMI!!PER FAVOREEE! ECCOLII! AIUTOOOOO!
Miliardi di chilometri più in là, dove gli uomini ponevano il simbolico confine del proprio sistema, la solitaria, imponente, astronave Aenea prosegue il suo silenzioso viaggio verso le stelle.
Il Comandate, con una mano sul viso, placa gli ultimi brividi scatenati dal messaggio dell'Explorer. Sconvolto dall'orribile destino di un uomo la cui unica colpa è stata quella di sopravvivere, gravato dal peso di averlo abbandonato al suo destino, eppur consapevole che nulla avrebbe potuto fare per lui.
Nonostante l'immensa distanza che li separa, il vero problema è, e lo è stato fin da subito, il rischio che le comunicazioni potessero essere intercettate. L'Aenea deve viaggiare nel più totale silenzio. Nessuna emissione non strettamente necessaria deve mostrare traccia della sua esistenza. Non si può sapere se gli esseri che hanno sterminato l'umanità siano in grado di rilevare la sua esistenza, ma certamente non si può facilitare loro il compito mostrandosi usando le onde radio.
Nei due mesi passati dal primo messaggio dell'Explorer, il pensiero di quell'uomo abbandonato a se stesso ha sfidato la determinazione dei pochi scelti per essere l'ultima, e unica, speranza del genere umano. Quando si era fatta strada in alcuni scienziati l'idea che esseri al di là di ogni immaginazione scrutassero la Terra e sorvegliassero il cammino del suo popolo, si era tentata la strada più disperata: un grande, e oscuro, progetto per lanciare la prima astronave interstellare capace di spargere il seme dell'umanità fra le stelle.
Sembrava ingenuo, assurdo forse, che chi avrebbe voluto impedire all'uomo di espandersi oltre il proprio sistema, avrebbe potuto permettere l'esistenza di quella che, in fondo, era proprio la causa dello sterminio, l'acquisita capacità umana di raggiungere altri mondi. Ma non si poteva trascurare quella tenue speranza, e non si poteva prevedere il comportamento di esseri che andavano oltre ogni comprensione umana. C'era stato persino chi aveva ipotizzato che in fondo fossero stati proprio loro ad insinuare nelle menti degli scienziati la consapevolezza del terribile rischio che l'umanità correva, la terrificante minaccia dell'annientamento, allo scopo di permettere una piccola, quasi insignificante, via di fuga alla razza umana.... E in fondo... Chi poteva sapere... Chi poteva capire...
Il comandante prende un profondo respiro, si alza dalla sedia su cui è abbandonato e si avvia verso le sale comuni. Ha bisogno di allontanare la tristezza dalla sua coscienza. In fondo è sua responsabilità assicurare che la nave prosegua il suo viaggio, e dia speranza a una umanità distrutta, ma forse ancora in grado di risorgere, alla fine di un lungo viaggio altrove... Lontano dalla propria culla, troppo presto rivelatasi una prigione mortale. Un viaggio forse eroico, epico. Il comandante quasi riesce a sentire la voce di Omero narrare la tragica storia umana, e la tenue speranza di un futuro lontano dai capricci e dalle guerre degli Dei.
Eppure, sempre più spesso, tornando con la mente all'assurdità di una fuga che non ha forse nessuna spiegazione realisticamente comprensibile, non può fare a meno di sentirsi solo un burattino, come un pezzo degli scacchi, all'interno di una colossale, eterna, partita. Giocata da entità che non riesce a pensare se non come Dei, le cui imperscrutabili motivazioni appaiono terribili e crudeli capricci agli insignificanti occhi dell'umanità. E la rabbia, mescolata all'impotenza, porta via la sua mente, ed il suo pensiero segue lo sguardo perso oltre le pareti della nave, verso le stelle, verso l'ignoto... Verso l'altrove!
Or tutta la terra parlava la stessa lingua e usava le stesse parole. E avvenne che, mentre si spostavano verso sud, essi trovarono una pianura nel paese di Scinar, e vi si stabilirono. E si dissero l'un l'altro: «Orsù, facciamo dei mattoni e cuociamoli col fuoco!». E usarono mattoni invece di pietre e bitume invece di malta. E dissero: «Orsù, costruiamoci una città e una torre la cui cima giunga fino al cielo, e facciamoci un nome, per non essere dispersi sulla faccia di tutta la terra». Ma l'Eterno discese per vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo. E l'Eterno disse: «Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti la medesima lingua; e questo è quanto essi hanno cominciato a fare; ora nulla impedirà loro di condurre a termine ciò che intendono fare. Orsù, scendiamo laggiù e confondiamo la loro lingua, affinché l'uno non comprenda più il parlare dell'altro».Così l'Eterno li disperse di là sulla faccia di tutta la terra, ed essi cessarono di costruire la città. Perciò a questa fu dato il nome di Babele, perché l'Eterno colà confuse la lingua di tutta la terra, e di là l'Eterno li disperse sulla faccia di tutta la terra. (Genesi 11,1-9)

Nessun commento:

Posta un commento