giovedì 27 novembre 2014

Ursula Le Guin e il ruolo della letteratura

L'ispirazione per il post di oggi è il discorso di Ursula K. Le Guin, scrittice americana del fantastico,  premiata col National Book Awards per il suo contributo alla letteratura americana.



Per chi non mastica l'inglese ecco la traduzione di Silvio Sosio.
La scrittrice americana, dopo aver ringraziato famiglia e collaboratori, ha voluto condividere idealmente il premio con i colleghi del fantastico che per decenni sono stati considerati mestieranti di serie B ed ha poi espresso la convinzione che il ruolo della letteratura non è il semplice intrattenimento o la scalata dei bestseller, bensì la capacità di sperimentare e immaginare una realtà differente, ricordando che quello che oggi diamo per scontato non è necessariamente immutabile.
È nella letteratura, nella poesia, nel dramma, nel romanzo che i modelli filosofici e il vaglio delle possibilità metafisiche e morali ricevono la densità, il peso realizzato ed esistenziale (letteralmente, la Dichtung) della vita vissuta.
(George Steiner)
L'arte, e in questo caso la letteratura, non può ridursi a semplice esercizio di stile, a mera ricerca del piacere e dell'intrattenimento, a puro altare per l'ego dell'artista. Allo stesso tempo non può essere un semplice elenco di fatti, idee e concetti. Il ruolo dell'artista, il talento, sta nel saper costruire un immaginario in cui il fruitore dell'opera, sia essa un dipinto o un romanzo, possa immedesimarsi in modo da sentire sulla propria pelle l'impatto di un concetto, di un'idea, di un emozione, che non avrebbe avuto modo di conoscere e sperimentare altrimenti. Lo scrittore immagina una storia e rende possibile al lettore il "vivere" un'esperienza dalla quale può uscire trasformato, dopo aver assaporato una nuova prospettiva.
L'arte non può sostituire lo studio, ma può integrarlo e rendere tangibile un'idea, esattamente come un film o un videogioco ambientato nell'antica Roma possono rendere l'idea di quell'epoca molto meglio delle pagine di un testo scolastico.
[...] avremo bisogno delle voci di scrittori capaci di vedere alternative al modo in cui viviamo ora, capaci di vedere, al di là di una società stretta dalla paura e dall'ossessione tecnologica, altri modi di essere, e immaginare persino nuove basi per la speranza. Abbiamo bisogno di scrittori che si ricordino la libertà. Poeti, visionari, realisti di una realtà più grande.[...]
Una cosa è ipotizzare un sistema sociale migliore, ben altra cosa è  realizzarlo. La letteratura può porsi in mezzo. Può porre, nel suo immaginifico, l'uomo in una utopia e guidare il lettore al suo interno, permettendogli di sperimentare, pur con i limiti di una finzione letteraria, le differenze con la realtà del suo vissuto.

[...]I libri non sono merce. Gli scopi del mercato sono spesso in conflitto con gli scopi dell'arte. Viviamo nel capitalismo, e il suo potere sembra assoluto… ma attenzione, lo sembrava anche il diritto divino dei re. Gli esseri umani possono resistere e sfidare ogni potere umano. La resistenza spesso comincia con l'arte, e ancora più spesso con la nostra arte, l'arte delle parole.
 Etichettata per decenni come "narrativa di serie B" e "buona la massimo per i bambini", la fantascienza è la letteratura dell'alternativa, delle speranze di una realtà differente, magari migliore, e allo stesso tempo è la sentinella che ci mette in guardia sulle conseguenze, a volte negative, dei cambiamenti che sono in atto.
Mentre i professionisti del mainstream starnazzano in tv e sui giornali affrontando in maniera superficiale quelli che sarebbero temi fondamentali per ogni buon cittadino (e individuo pensante) come l'ingegneria genetica, l'ambiente, il concetto di genere, da decenni gli scrittori di fantascienza affrontano gli stessi argomenti con ben più competenza dell'opinionista della tv. Rendendo semplice e divertente per chi non conosce certi argomenti almeno un primo approccio.
Quando nel 2010 fra le tracce della prova di italiano agli esami di maturità i candidati si sono trovati di fronte un saggio sul tema “Siamo Soli?” nessuno stupore di fronte alle grette e rivelatrici reazioni del mondo accademico e della società in generale. Di fronte ad una traccia d’esame che chiedeva allo studente di affrontare il tema della vita fuori dal pianeta Terra la reazione universale è stata di scherno:" ma come?adesso abbiamo gli ufo alla maturità? Come siamo caduti in basso". Le stesse tracce indicate dal Ministero erano ben lontane dall'offrire una panoramica quantomeno decente sull'argomento. In realtà sembravano scelte allo scopo di indirizzare i candidati verso una critica della scienza, e della dignità di cui essa avrebbe privato l'uomo, e allo stesso tempo ponevano la questione della vita nell'universo come un atto di fede, quasi a voler privare la questione del diritto di cittadinanza in ambito filosofico e scientifico.
In realtà degli effetti della scienza e delle reazioni dell'uomo alla teconologia e allo shock del futuro ne hanno già parlato, e continuano a parlarne, gli scrittori di quella fantascienza che ancora oggi qualcuno considera solo omini verdi e raggi spaziali.  
Per fortuna c'è chi, nonostante tutto, ha voglia di guardare più lontano e ricominciare a sognare...



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