martedì 14 aprile 2015

Quiz di logica e modelli scolastici

Buttiamola sul flame, direbbe qualcuno! Il post di oggi è ispirato a un articolo de La Repubblica in cui si fa riferimento a un quesito logico ormai diventato virale.

Cheryl vuole far indovinare la data del suo compleanno a due nuovi amici, Albert e Bernard. Ma lo fa fornendo 10 date possibili: 15, 16 e 19 maggio; 17 e 18 giugno; 14 e 16 luglio; 14, 15 e 17 di agosto. Poi dice ad Albert qual è il mese giusto, ma non il giorno. A Bernard dice il giorno ma non il mese.

A quel punto Albert dice: "Io non so quando è il compleanno di Cheryl, ma so per certo che nemmeno Bernard lo sa". 

Bernard risponde: "All'inizio non sapevo quando fosse il compleanno, ma ora lo so"
Albert: "Allora anche io so quando è il compleanno"

Vi dico la verità: ho provato a risolverlo mentre camminavo per strada nei due minuti per arrivare dal barbiere e, me tapino, non ci sono riuscito. Il punto però non è la precoce dipartita dei miei neuroni, ma il fatto che stando all'articolo  il quesito viene ritenuto troppo difficile per ragazzi di 15/16 anni.
Faccio subito due riflessioni: il senso di quesiti di questo genere non è lo svolgimento del compitino come può essere scrivere su un foglio i risultati della addizioni o imparare a memoria una poesia. Quando ci si pone di fronte a un problema del genere si intende stimolare negli studenti il ragionamento logico e il senso critico, nota dolente di tutto il sistema scolastico italiano.
La seconda riflessione invece parte dal presupposto che il quesito non è semplicemente un problema posto a dei ragazzini, ma una delle domande delle Olimpiadi di Matematica. Cito l'articolista di Repubblica:
Un 'dilemma' che per gli standard orientali qualcuno ritiene normale che sia risolto da ragazzi di 15 e 16 anni e che a leggerlo spiega molto del perché gli studenti di Singapore (ma anche della Corea del Sud, Giappone, Macao, Hong Kong e Shanghai) sono i migliori tra i 44 paesi dell'Ocse.
Il vero dilemma è come sia possibile che il nostro sistema scolastico produca delle capre di tal genere. Il "dilemma" non è certamente semplice per una mente non abitutata ad affrontare certi quesiti, ma non è neppure così complicato da richiedere un "cervellone" per trovare una soluzione. Semmai il problema è che manca in Italia, l'abitudine a stimolare il ragionamento logico e il senso critico negli studenti. Fior di docenti si vantano dell'importanza delle materie classiche (Latino, Italiano, Letteratura, Filosofia, Storia) salvo poi insegnarle come fossero le tavole della legge da mandare a memoria. Ci si fissa sullo stile o sull'amor cortese e ci si dimentica di analizzare criticamente uno scritto, ci si fossilizza in pratica sulla forma e si pone in secondo piano il contenuto. Forse perché neppure i docenti sono capaci di un insegnamento che vada oltre la lezioncina da mandar giù a memoria? E badate bene che il problema non è solo la promozione obbligatoria, che pur di danni ne ha fatti, ma tutto un sistema in cui nell'insegnamento vanno a finire spesso menti coltivate con pappette predigerite da imparare a memoria e senza il minimo sviluppo del senso critico. In pratica è un circolo vizioso: quei pochi che hanno sviluppato una capacità di giudizio critico, vuoi per meriti propri o perché magari hanno avuto la fortuna di incontrare il docente giusto, andranno in gran parte a fare altro nella vita lasciando l'insegnamento alla massa di analfabeti logici. Si tratta di una critica che vale tanto per le materie umanistiche che per quelle scientifiche. Insegnare la matematica senza aiutare lo studente a comprendere i perché è sicuramente utile per aver gente capace di far di conto, ma trascura l'altrettanto importante senso critico che sta dietro allo studio dei teoremi e dell'analisi. E lo stesso si può dire per la fisica, per la chimica e per le scienze in generale. Docenti che fanno mandar giù la legge di gravitazione universale ma che liquidano il metodo scientifico (e i suoi perché) in un paragrafo a margine. E quindi ci ritroviamo affossati da una massa di capre che non sono in grado di comprendere perché un farmaco che ha passato diverse fasi di sperimentazione è scienza mentre invece Vannoni e stamina sono una frode. E, badate bene, si tratta di un problema che non riguarda solo chi non ha fatto studi scientifici, ma anche molti laureati in aree che con la scienza hanno molto a che fare. Si tratta insomma di un problema trasversale che non dipende tanto da cosa si studia, ma da come lo si studia. Un problema di modalità di insegnamento e di pensiero, un enorme problema culturale.
Tornando al quesito, che ancora una volta ammetto di non aver saputo risolvere, sembra non essere neppure uno dei più difficile per una competizione come le Olimpiadi di Matematica. Quando partecipai alla fase nazionale nel 2006 trovai ragazzi preparatissimi sia in quanto a nozioni che in quanto a ragionamento logico, eccellenze dotate e preparate da docenti in grado di insegnare. Logico (per restare in tema) che non tutti possono essere delle eccellenze, ma arrivare a sostenere che anche solo per approcciare un quesito logico sia necessario essere dei cervelloni è l'equivalente di quanti sostengono che le tracce della maturità (certamente migliorabili in quanto a selezione) siano troppo complesse per studenti così giovani. Significa, in parole povere, mettere in dubbio il suffraggio universale.

Chiudo questo post proponendovi un quesito decisamente più semplice, ai limiti dell'imbarazzante:
Giuseppe Rossi deve percorrere 90 km con la sua bicicletta. Ha a disposizione le due ruote originali più una di scorta. Giuseppe ha una fissa: vuole che alla fine del percorso le tre ruote abbiano percorso lo stesso numero di chilometri. Quanti chilometri avrà fatto alla fine ciascuna ruota?

Banale, semplice, ai limiti del ridicolo. Eppure sono sicuro che alcuni di voi sbaglieranno la risposta, così come la sbagliarono tanti dei miei compagni di classe all'età di quindici anni.
Segno di una istruzione che non è capace (o forse non vuole) formare uomini pensanti e liberi, ma soltanto produrre una massa acefala e inquadrata.
Alla fine l'ho buttata sul flame. Sono stato di parola.


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