lunedì 14 dicembre 2015

Quando servire diventa un privilegio



Questa foto è tra le mie preferite. Un ricordo prezioso che si riferisce a uno dei momenti più intensi della mia famiglia. Non credo sia difficile capire il perché mi piace così tanto, ritrae i miei genitori mentre riposano fianco a fianco. Ma oltre a questo rappresenta anche altro: è stata scattata il sette febbrario di questo poco simpatico 2015 e dall'altra parte del telefono c'ero io a immortalare la scena. Quella sera eravamo al pronto soccorso dell'Ospedale Gemelli, dove abbiamo passato la notte, i miei genitori erano stanchi e, soprattutto, preoccupati. Avevo accusato ancora mal di testa dopo l'intervento d'urgenza e il successivo ricovero a neurochirurgia avvenuto due settimane prima e mio padre giustamente era spaventato che potesse ripresentarsi il problema che mi aveva obbligato a entrare in sala operatoria e farmi trapanare il cranio. Mentre aspettavamo in sala d'attesa i miei genitori cercavano di riposare e proteggersi dal freddo che entrava dalla porta continuamente aperta dalla gente che arrivava. Io ho colto l'occasione per scattare questa foto che vado spesso a riguardare per ricordarmi del loro amore nel sostenere un figlio bisognoso di aiuto.
Qualche anno fa un mio cugino mi disse "mostra rispetto e affetto a mio figlio e sarà come se tu avessi fatto questo a me" (solo adesso mi rendo conto di come suoni affine alla parola di un certo Gesù di Nazaret). A livello razionale avevo capito e condiviso quelle parole, ma allora non potevo certo comprendere il loro significato più profondo. E probabilmente non posso neppure adesso, dovrò aspettare di avere un figlio per sentire sulla pelle quell'amore di cui ogni genitore parla.
Eppure quando mi capitava di ripensare a quelle parole sempre più spesso ero tentato dal capovolgere la prospettiva e considerare invece la cosa dal punto di vista di un figlio che osserva e considera come gli altri si pongono nei confronti dei suoi genitori. Nel corso degli anni quell'istinto viscerale che mi spingeva a reagire contro qualunque offesa nei confronti dei miei genitori era lentamente aumentato. Non importava che l'offesa fosse verbale o fisica, semplicemente il cosiddetto "mancare di rispetto" nei confronti dei miei genitori mi faceva automaticamente ribollire.
Questo riflesso è cresciuto esponenzialmente durante la malattia di mio padre. Immediatamente io e mia sorella ci siamo attivati per cercare di fare il possibile e con il passare del tempo, mentre mio padre si indeboliva e diventava sempre più bisognoso di attenzioni, diventavo sempre più attento a come le persone si comportavano nei suoi riguardi. E il mio comportamento si adattava di conseguenza. Chi per lui mostrava attenzione e cortesia veniva da me ricambiato allo stesso modo, mentre chi lo trattava con sufficienza, ostilità o scortesia si guadagnava il mio disprezzo razionale e, soprattutto, il mio odio emotivo. Mi bastava vedere quella persona per mettermi sull'attenti, pronto a reagire. Non ce n'era motivo, si trattava soltanto di gente poco educata o semplicemente ignorante, ma un qualche ancestrale istinto di protezione mi risvegliava i sensi.
È stato in quei due mesi che ho compreso realmente il senso della parola servire. Era una parola che sentivo spesso in casa nella sua traduzione siciliana sirbiri o serbiri, di solito si riferiva alle persone anziane o particolarmente malate. Era una parola che da piccolo mi suonava male, sarà forse per quella caratteristica tipica del dialetto siciliano che inasprisce spesso le parole, la sentivo come una costrizione, un obbligo. Invece, ho scoperto in questi mesi, il valore profondo che questa parola custodisce è incindibilmente legato alla parola amore. Ho compreso, mentre con mia madre e mia sorella mi prendevo cura di mio padre, cosa vuol dire mettersi al servizio di qualcuno per ogni suo bisogno e adattare la propria vita in relazione alle esigenze di una persona amata e bisognosa di attenzioni. Ogni volta che mio padre mi cercava perhé lo aiutassi in qualcosa mi mettevo al suo fianco e lo accompagnavo nei gesti quotidiani sentendomi onorato di poter servire in qualche modo una delle due persone che mi avevano dato la vita. Mi sentivo onorato di essere accanto a lui e aiutarlo, sostenerlo, offrire la mia forza e il mio affetto alla persona che più di tutte stimavo. Ho scoperto in pratica che i sacrifici fatti per amore tutto sono tranne che sacrifici.
Dopo aver vissuto questa esperienza mi rendo di come chi non ci sia mai passato non può comprendere la forza inaspettata che si scopre di avere quando più è necessaria.
 
Ci sono emozioni nei miei ricordi di quei giorni che non posso raccontare, non per un malrealizzato senso del pudore, quanto perché forse non sono ancora in grado di descriverle neppure nella mia testa. Quello che so, quello che ho compreso nel profondo, è l'incredibile fortuna di aver avuto un padre nella mia vita a proteggermi a sostenermi con la sua semplice presenza silenziosa. 
 
C'è un senso di giustizia nel poter restituire, almeno in parte, l'amore che un genitore offre ai suoi figli restandogli accanto quando i rapporti di forza si invertono e tocca al figlio sostenere il genitore. So di aver perso mio padre troppo presto, ma so anche che se non fosse stato per un incredibile combinazione di fortuna e prontezza di riflessi, per non parlare della lucidità mentale sua e della disponibilità di chi si è accorso subito in suo aiuto, non avrei mai avuto il privilegio di crescere  vivendo ogni giorno con la sua presenza nella mia vita. So che avrei desiderato poter essere per molto più tempo il bastone della sua vecchiaia (come mi disse una volta di tanti anni fa), ma so anche che è stato un onore essergli accanto ogni giorno in quei due mesi e servirlo cercando di alleviare il più possibile le sue sofferenze.
E non dimenticherò mai come, anche nel momento più difficile, il suo pensiero fisso era la sua famiglia: sua moglie e i suoi figli. Come mi diceva continuamente di mettere a caricare il computer di mia madre per evitare che si calasse lei e sforzasse la schiena. Come si preoccupava che mangiassimo o come quando gli dicevo di non preoccuparsi e di pensare solo a riposarsi perché "papà stanotte non hai dormito quasi niente" lui mi rispondeva dispiaciuto "nemmeno te ho fatto dormire". Ed è stato un onore esserti accanto papà, passare le notti con te, con quel padre che il giorno della partenza per Roma nella speranza di trovare una cura mi chiese un'ultima volta "ma tu stai bene? Hai avuto più problemi?". Di fronte alla prospettiva della morte la sua preoccupazione era rivolta ai suoi figli e a sua moglie. Cosa posso dire di mio padre se non che essere suo figlio è stato e sarà per sempre un privilegio straordinario? Nel prenderci cura di te, noi due figli tuoi, non potevamo far altro che seguire l'esempio che ci hai lasciato quando ti prendevi cura di tuo padre negli anni della sua vecchiaia. 

Ho imparato in questi mesi il senso profondo della parola Famiglia, una parola che sembra aver perso il suo significato nella caotica vita delle città globali, ma che ha mostrato tutto il suo valore quando nei giorni più tristi non siamo mai rimasti soli, circondati come eravamo dall'affetto di amici e parenti.
E non dimenticherò mai, papà, tutte le persone che entravano in casa e scoppiavano a piangere pensando a te e alla tua sofferenza, segno inconfutabile della stima e dell'affetto che ispiravi a quanti avevano avuto la fortuna di incontrarti. 



Come sarò ricordato dai miei figli? Ecco la vera misura di un uomo. (Abulurd Harkonnen - Frank Herbert)
Grazie... Grazie per tutto, per le mattine al mare e per i combattimenti sul tuo amato divano. Grazie per le vacanze insieme e il latte la mattina alle quattro mentre gli zoccoli per strada suonavano la sveglia. Grazie per quello che ho detto e per quello che rimarrà dentro di me senza essere mai raccontato. Grazie per la reazione che il tuo nome provoca in così tante persone, leggere nei loro occhi il rispetto e l'affetto nei tuoi confronti è una gioia per i tuoi figli. Grazie per innumerevoli momenti e incalcolabili significati.
Ogni notte, mettendomi a dormire su quel materasso accanto a te, mi tornava alla mente una strofa di una canzone:

L'ultima notte al mondo io la passerei con te
 Essere lì con te è stato un onore... Portare per tutta la vita il tuo cognome è un orgoglio inestimabile.
Come ti ho già detto: È un privilegio essere tuo figlio, grazie papà.

















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