giovedì 11 febbraio 2016

Tragico

Avevo deciso di passare in silenzio il duetto di commemorazioni dei genocidi, se non per la condivisione del passaggio di Primo Levi che ripropongo adesso.
E lo ripropongo adesso, con qualche ora di ritardo, in occasione del ricordo dei morti a causa delle persecuzioni Titine e Comuniste, perché continuo a trovare noioso, fastidioso e, non per ultimo, tragico il fatto che ci sia così tanta gente, spesso anche intelligente e titolata, che continua a compiere un processo mentale che trovo alquanto imbarazzante e, appunto, noioso e tragico.
Costoro decidono che una forza politica, un movimento, un governo, un gruppo in generale è cattivo in quanto per qualsivoglia questione usa la violenza contro individui o gruppi che, sempre secondo i giudici sopra menzionati, nulla hanno fatto per meritare questo. Dopo questo passaggio, effettivamente abbastanza logico e razionale, accade che i cattivi automaticamente sono considerati cattivi in ogni loro azione e le vittime buona a prescindere. Accade per cui che se i buoni compiono azioni simili, o addirittura uguali, non possono essere condannati perché sono, per definizione, buoni. Per cui le stesse azioni sono condannabili o meno a seconda di chi le compie, nonostante all'inizio fossero considerate la causa della definizione di bene o male. Si tratta di un percorso logico che mi lascia ogni volta stupefatto.
Ma del resto siamo figli di un'etica che risale al processo di Norimberga in cui gli imputati nazisti si cavavano d'impaccio dalle accuse dimostrando che le azioni di cui erano accusati erano state compiute anche dai "buoni" alleati e, quindi, per definizione non potevano essere crimini di guerra. Che è un'interpretazione della faccenda altrettanto perversa di quella di cui parlavo sopra.
E allora, senza andare oltre, lascio al parola a Primo Levi. Di solito si citano sempre i brevi versi che fanno da apertura a "Se Questo è un Uomo", io preferisco citare invece questo breve paragrafo della premessa, sempre allo stesso libro, che trovo di una lucidità disarmante e capaci di spiegare, in poche parole, l'essenza del problema. Sostituite la parola straniero con quello che volete, il senso è invariato. Resta chiaro oggi, come nello scorso millennio, per chi vuol vedere.

A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che «ogni straniero è nemico». Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all'origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager. Esso è il prodotto di una concezione del mondo portata alle sue conseguenze con rigorosa coerenza: finché la concezione sussiste, le conseguenze ci minacciano. La storia dei campi di distruzione dovrebbe venire intesa da tutti come un sinistro segnale di pericolo.
(Primo Levi, Se Questo è un Uomo)

Nessun commento:

Posta un commento